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UN BUCO CON DUE CANZONI INTORNO
Storia del 45 Giri
a cura di Gianluca Barezzi

Capitolo 9 - Un genio racconta la storia di un mito

Quando ho iniziato questo lavoro, mi si è presentato subito il problema di dove reperire dati sulla nascita del 45 giri.

Compulsati tutti i manuali e i libri di cui la mia piccola biblioteca dispone e analizzate decine di siti Internet, mi rimaneva da capire come, quando, perché il nostro dischetto leggero fosse arrivato in Italia e dove potessi cercare una testimonianza diretta di quel tempo.

Poi la dea delle illuminazioni mi ha teso la mano. Nelle mie peregrinazioni musicali ho conosciuto un signore dai modi molto garbati, di traboccante e invidiabile esperienza musicale profusa con una simpatica erre blesa e che, soprattutto, ha vissuto con grande intensità l'intera era vinilica, dalla A alla Z.

Il signore in questione, che mi onora da qualche anno della sua amicizia, è Giampiero Boneschi.

Compositore colto, autore di centinaia di brani, pianista jazz di alto lignaggio, arrangiatore, direttore d'orchestra leggera tra i più accreditati, Boneschi fa della musica un uso gastronomico, da cuoco e da commensale, da dirigente, produttore, compositore, esecutore, direttore e ascoltatore, imbandendo la tavola delle dodici note con un'eleganza sempre più rara nel tempo e oggi scomparsa.

Nel suo viaggio musicale, il Maestro Boneschi ha lasciato una traccia importante del suo lavoro: è stato, per i dieci anni di parabolico sviluppo del 45 giri (1958-1968), condirettore artistico della Dischi Ricordi.

Ottantatré anni compiuti nell'ultimo spicchio di gennaio, in jeans e camicia viaggia in uno sportivissimo missile grigio metallizzato, lavora tutti i giorni dalle 9 alle 18 nel suo studio di Milano, dando del “tu” alla più moderna tecnologia informatica per la produzione musicale. Inutile fare un elenco dei musicisti e dei cantanti italiani di cui ha arrangiato o diretto melodie: li ha conosciuti proprio tutti. Non intervistarlo sarebbe dunque un errore imperdonabile.

45Mania: Sei uno dei testimoni eccellenti dello sbarco del 45 giri in Italia. Che cosa ha rappresentato per te quel momento?

Giampiero Boneschi: Ne ho un ricordo molto vivo.

45M: Quale?

GPB: All'inizio – e parlo all'incirca del periodo 1952-55 – in Italia il 45 giri era un prodotto d'élite, costosissimo e ascoltabile solo su apparecchi RCA. Ricordo un dimostratore della Radio Corporation of America che tentava di convincermi ad aprire le porte in Italia a quel nuovo formato, dandomi in mano forse il primo riproduttore di dischi singoli. Era una scatoletta poco più grande delle dimensioni del disco, con un braccino corto e un po' goffo (foto 1, ndr). Sembrava un giocattolo. Era dedicato esclusivamente ai 45 giri e veniva commercializzato negli Stati Uniti già da qualche anno.

45M: Perché era un formato costoso?

GPB: Perché era costoso produrlo. I discografici all'inizio erano molto scettici sulla sua diffusione. Quindi misero in circolazione pochissimi titoli. Prima che l'americana Fairchild inventasse la macchina di registrazione valvolare con “affidamento della velocità” e che arrivasse la Neocera per 33 e 45 giri, le matrici a 78 giri venivano prodotti con diversi bagni galvanici, uno d'argento e altri successivi di rame. Con l'arrivo della Neocera (questo marchio è tuttora presente ed è stato rilevato nel 1991 da una società americana, ndr.), che era una speciale materia plastica, la Gevaert inventò una polverina che permetteva di evitare il bagno galvanico dell'argento, dimezzando i tempi. Da qui lo sviluppo di nuove tecnologie che hanno portato, nel giro di pochi mesi, all'avvento delle prime presse per lo stampaggio dei microsolchi.

45M: Cosa si registrava con il Fairchild?

GPB: Più che altro programmi radio. Era una macchina in grado di incidere, su uno strato plastico speciale applicato a un piatto di alluminio o vetro, più a lungo degli apparecchi tradizionali grazie a un sistema che un operaio doveva far partire allo scadere di un conteggio: si passava da un disco al successivo praticamente senza soluzione di continuità. Non c'erano gli automatismi di oggi: era tutto affidato alla fallibilità umana.

45M: Ma l'inizio del microsolco è stato davvero tanto difficile? Eppure già nel 1954 circolavano tanti vinili in Italia...

GPB: Innanzitutto bisogna distinguere tra 33 e 45 giri. Il Long Playing è stato alla nascita una débâcle. Nessuno credeva che quel padellone (che allora era più piccolo del 78 giri e solo in seguito è cresciuto di diametro) avrebbe avuto uno sviluppo. Per quanto riguarda il 45, credo che nel 1953-54 fossero solo la Pathé Marconi, la Cetra (allora non ancora fusa con Fonit) e pochissimi altri pionieri a incidere  su questo formato. Quindi si trovano dischi di Renato Carosone e un altro sparuto manipolo di prodi. Diciamo più che altro che, all'inizio, per un cantante italiano la stampa di un 45 giri era una specie di “premio” o di valorizzazione. Tutto il resto della produzione immessa sul mercato era di importazione. La RCA, che in patria aveva già un catalogo enorme, iniziò a commercializzarlo nella Penisola solo alla fine del 1954.

45M: Poi che successe?

GPB: Successe che, proprio perché oggetto d'élite, il 45 giri divenne un simbolo di appartenenza a un gruppo. Quindi un oggetto di desiderio per gli adolescenti, che iniziarono a mettere via i soldi della paghetta per correre ad acquistare la chiave che apriva loro le porte alle feste, al ballo, alla socializzazione, al divertimento. Il vero boom del “singolo” si ebbe, però, con il mangiadischi...

45M: La vera emancipazione...

GPB: Un simbolo di libertà! Il mangiadischi era il centro di una festa che iniziava in macchina (in genere sotto il sedile del guidatore) e finiva in un parco, in montagna, in spiaggia, ovunque. Una autentica rivoluzione. La Irradio, neonata azienda nel mondo dei transistor, ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione di questo strumento di felicità.

45M: Cosa ricordi... del tuo periodo Ricordi?

GPB: E' uscito un libro poco tempo fa (“Ti ricordi Nanni?”, già citato nel cap. 8, ndr.) in cui, insieme ad altre voci autorevoli, ripercorro quell'istante formidabile della produzione discografica. Gino Paoli, Ornella Vanoni, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Luigi Tenco: un esercito di giovani menti dall'incontenibile irruenza artistica. E proprio in quell'azienda è nata l'amicizia con uno dei più dotati talent-scout, Carlo Emanuele (Nanni) Ricordi, di cui ero il più stretto collaboratore.

45M: Hai lavorato anche con Fabrizio De Andrè...

GPB: Il provino di Carlo Martello di ritorno dalla battaglia di Poitiers l'ho fatto fare io a un timido e recalcitrante De Andrè a casa dell'amico Vittorio Paltrinieri. Venne pubblicato dalla Karim (allora distribuita da Ricordi). Il corno che si sente nell'arrangiamento è di Michelangelo Mojoli, cornista della Scala, con il cui fratello avevo il Trio Gambarelli-Mojoli-Boneschi.

45M: Da dove arrivava De Andrè?

GPB: Da quella fucina instancabile di Luigi Arduino, allora direttore del negozio Ricordi di Genova. Fu lui a segnalarmi che c'era un giovanotto di belle speranze che scriveva pezzi interessanti. Arduino, in seguito, mi fece arrivare materiale di Paoli e Tenco. Così si è creata la leggenda della “scuola genovese”. Luigi ha avuto un ruolo molto importante nella produzione.

45M: Che cosa ha significato per te produrre voci e autori nuovi in quel periodo così seminale per la canzone italiana?

GPB: Una sfida continua. Il lavoro per la produzione e il lancio di un nuovo artista era febbrile e nulla veniva lasciato al caso. Si passavano ore, giorni in sala di registrazione, pranzi, cene, nottate insonni per preparare tutto. E' il ruolo che hai all'interno di un'azienda a responsabilizzarti. Nel mio piccolo ho sempre cercato di fare con coscienza (ma divertendomi) uno dei lavori più delicati nel mondo della musica.

45M: C'era la questione politica. Dario Fo, Enzo Jannacci, Tenco e lo stesso Nanni Ricordi: tutti militanti attivisti...

GPB: Musica e politica sono due strade che si intersecano solo al crocevia della Cultura, quella con la C maiuscola. Tutto qui. Quel che facevano Tenco e gli altri fuori dalla sala di incisione era un fatto personale, che non mi ha mai scomposto. Io mi interessavo di musica.

45M: Come è nata la Dischi Ricordi?

GPB: Direi per un fatto tutto editoriale: l'ultimo discendente si accorse che i diritti dei grandi compositori di musica colta (il vero core business di Casa Ricordi) di lì a poco sarebbero scaduti; bisognava quindi voltare pagina avviando una nuova produzione. A cavallo tra il 1957 e il 1958 Guido Valcarenghi ed Eugenio Clausetti, amministratori delegati della casa editrice, accolsero il desiderio di un rampollo della storica famiglia, un giovanotto  dall'aria dinamica e intraprendente che voleva aprire un ufficio di distribuzione dischi per il commercio all'ingrosso: Nanni tenne a battesimo la svolta decisiva dell'azienda. Quattro anni dopo, nel 1962, nacque la Dischi Ricordi SpA.

45M: I tuoi trascorsi musicali non partono dalla Ricordi.

GPB: Con il trio Gambarelli ho iniziato a suonare nel 1945, a diciott'anni. Poi, un contratto da pianista solista con la Columbia e le collaborazioni con Odeon, Parlophone, Philips, Fonit. Cominciai in seguito a comporre musica per la pubblicità, per la radio e per la tv.

45M: Nel dopoguerra erano anni difficili per la musica...

GPB: Si suonava per pochi spiccioli. Una volta, ancora adolescente, ho fatto un concerto in Svizzera con un mal di denti terribile. Un sacrificio, però, minore rispetto a un'altra più tremenda occasione: una registrazione con il proverbiale maestro Ferruzzi.

45M: … proverbiale...?

GPB: Il perché me lo fece intuire tra i denti il tecnico del suono prima di entrare in sala di registrazione: “Lei non ha mai lavorato prima con Ferruzzi?”. “No”, risposi. “Entri, entri...”, disse sogghignando. Allora si incidevano 78 giri, e non esistevano ancora i mixer: per fermare la registrazione un tecnico doveva girare una specie di volano che chiudeva il segnale in entrata all'apparecchio di incisione. Il maestro Ferruzzi, prima dell'attacco del brano, si girò verso il tecnico: “Questa volta vinco io!”. L'omino, di rimando: “No, questa è mia!”. E tutti guardavamo basiti. All'accordo finale del brano, nel silenzio dell'orchestra il maestro si produsse in un fragorosissimo peto! La scommessa consisteva nel compiere quest'atto prima che il tecnico girasse la manopola che chiudeva la modulazione. Ferruzzi era un petomane dichiarato. Immaginate che sessioni... In molti dischi di quegli anni c'è ancora traccia del maestro Ferruzzi.

45M: Hai lavorato una vita nella musica e per la musica. Hai composto e arrangiato brani di tutti i generi musicali e per tutti gli usi: dalle sigle televisive alle colonne sonore, dai jingle pubblicitari alle canzoni d'autore. Le tue elaborazioni hanno sempre un carattere peculiare. E infatti sei stato definito un genio da un altro genio, Ennio Morricone. E' un riconoscimento oneroso?

GPB: Ennio è un amico sincero da un cinquantennio. Ha voluto omaggiarmi pubblicamente di un complimento che di solito regala la Storia. Dovrei esserne imbarazzato e invece mi rende molto orgoglioso, perché viene dall'affetto che incerniera la nostra amicizia.

Nel sito www.giampieroboneschi.it sono custoditi, come in uno scrigno, tutti i tesori di una vita intrisa di intelligente sensibilità e trasparenza di pensiero: musiche, idee, volti, personaggi, storie, amicizie intessuti insieme a testimoniare la forza di uno spirito libero. La più viva ricchezza di un musicista. 9 – continua.

Giradischi RCA

Foto 1: Ecco il primo apparecchio (RCA, 1949) di riproduzione casalinga dei 45 giri. Andava collegato a due amplificatori, uno per canale; gli amplificatori dovevano essere a loro volta connessi ciascuno ad uno speaker. Ecco spiegato il motivo per cui si trattava di un sistema molto costoso. Nonostante sia stato commercializzato in America già nell'anno della sua comparsa, in Italia i primi esemplari arrivano solo 3 anni dopo. Secondo Claudio Tosato, alla cui sezione di questo sito (Il Disco per Juke-Box) rimando volentieri, è la RCA Italiana a distribuire i primi dischi per juke-box, dal 1955 in avanti.